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Autorità di Bacino Distrettuale Appennino Meridionale: focus sulla ricarica degli acquiferi

Autorità di Bacino Distrettuale Appennino Meridionale: focus sulla ricarica degli acquiferi

L’aggiornamento della mappatura delle aree endoreiche dei bacini carsici dell’Appennino Campano, insieme all’uso di tecnologie digitali e modelli previsionali avanzati, rappresenta un passo decisivo per migliorare la conoscenza dei tempi di ricarica degli acquiferi e garantire una gestione più sostenibile delle risorse idriche. È stato questo il tema al centro del III Focus del Percorso di Partecipazione Pubblica per la redazione e l’aggiornamento del Piano di Gestione delle Acque (2027–2033) e del Piano di Gestione del Rischio Alluvioni (2022–2027), promosso dall’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale.

Nel corso dell’incontro, il dottor Guido Leone ha presentato la relazione “Implicazioni geomorfologiche nel processo di ricarica degli acquiferi carsici e nella valutazione del bilancio idrogeologico”, approfondendo l’importanza delle aree endoreiche e dei bilanci idrogeologici nel contesto del cambiamento climatico, che dagli anni ’80 in poi ha modificato i regimi di precipitazione e i tempi di ricarica naturale delle falde.

A introdurre il contributo di Leone è stata la dottoressa Marina Saggiomo, membro del team individuato dal Segretario Generale – dott.ssa Vera Corbelli – per le attività di Partecipazione Pubblica legate alla pianificazione distrettuale. La Saggiomo ha presentato il lavoro del gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’Università degli Studi del Sannio, coordinato dai docenti Francesco Fiorillo e Libera Esposito, con la collaborazione del dottor Michele Ginolfi, borsista di ricerca. Ha inoltre sottolineato il valore di questi momenti di approfondimento, che favoriscono il dialogo tra comunità scientifica e istituzioni, risultando fondamentali per l’aggiornamento dei PGA e dei PGRA.

Nel suo intervento, Leone ha spiegato che i massicci carbonatici campani – come il Matese e i Monti Alburni – ospitano importanti acquiferi carsici che alimentano sorgenti basali di grande portata, spesso superiori a diversi metri cubi al secondo, fondamentali per le reti acquedottistiche regionali e interregionali. Le aree endoreiche, cioè bacini idrografici chiusi situati nei settori sommitali, svolgono un ruolo attivo nel processo di ricarica dell’acquifero: l’acqua meteorica viene assorbita attraverso doline e inghiottitoi, penetrando in profondità nella rete di fratture e condotti che collegano le aree alte alle sorgenti.

Nei Monti Alburni, il 45 % della portata delle sorgenti deriva da aree endoreiche, mentre il restante 55 % proviene da infiltrazioni lungo i versanti. Diversa la situazione del Matese, dove le aree chiuse coprono il 31 % della superficie del massiccio e contribuiscono solo per il 28 % alla portata delle sorgenti, anche a causa dell’utilizzo idroelettrico delle acque, che sottrae risorsa alla ricarica naturale.

Lo studio proposto dal gruppo sannita suggerisce di adottare modelli GIS tridimensionali e analisi morfometriche avanzate per riprodurre con maggiore precisione la morfologia carsica e simulare la capacità di assorbimento anche delle cavità minori. Ciò consentirebbe di migliorare i bilanci idrogeologici sia annuali sia giornalieri, includendo fattori riducenti come il ruscellamento, la ritenzione idrica dei terreni e le variazioni stagionali delle precipitazioni.

L’obiettivo finale è ottenere modelli previsionali sempre più raffinati, capaci di stimare in tempo reale la disponibilità idrica delle sorgenti, supportando così una gestione sostenibile delle captazioni e prevenendo situazioni di crisi durante i periodi di siccità.

Come sottolineato da Vera Corbelli, il valore di questi studi risiede nella loro capacità di coniugare ricerca scientifica e pianificazione operativa, mettendo la conoscenza al servizio del territorio. Un approccio multidisciplinare, che integra geologia, idrogeologia e innovazione digitale, è oggi la chiave per tutelare l’acqua, risorsa vitale e strategica per l’Appennino Meridionale e per l’intera Campania.

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